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Le discariche cosa hanno “ritirato”? Le sentenze di condanna di Tosini & Lozza e il magico codice EER 19.12.12 (tuttofare) la panacea della lobby laziale

Abbiamo approfondito ieri la notizia sulla sentenza del Tribunale di Roma che ha condannato l’imprenditore Valter Lozza e la ex Direttrice regionale ai Rifiuti della Regione Lazio Flaminia Tosini a 6 anni di carcere. Non abbiamo però affrontato la questione richiamata più volte nella sentenza di condanna, in cui si fa riferimento all’operazione “maschera”, per la quale diversi operatori nel settore dei rifiuti sono stati rinviati a giudizio (prossima udienza, pare, fissata a gennaio del 2025), che vede tra gli altri sul banco degli imputati anche: Valter Lozza, in qualità di rappresentante e amministratore della Mad all’epoca dei fatti;  Riccardo Traversa di Anzio, amministratore unico Refecta;  Antonio Giuliano di Castelforte, amministratore unico della Centro Servizi Ambientali; Enrico Giuliano di Castelforte, comproprietario della Centro Servizi Ambientali.

L’operazione Maschera e i rifiuti nelle discariche con il codice 19.12.12

Ma di cosa tratta quest’operazione “maschera”? Purtroppo, in questo caso di carnevalesco e divertente c’è ben poco, infatti si parla del presunto “camuffamento” di rifiuti pericolosi (o potenzialmente tali) in rifiuti non pericolosi. L’oggetto del camuffamento sarebbe stato un preciso codice europeo dei rifiuti ovvero il 19.12.12 (altri rifiuti prodotti dal trattamento meccanico diversi da quelli di cui alla voce 19.12.11). Ebbene questo rifiuto faceva parte dei così detti “codici a specchio” ovvero particolari tipologie di rifiuti per le quali il rifiuto può essere pericoloso (e allora va indicato il codice 19.12.11) o non pericoloso (nel qual caso è legittimo utilizzare il codice 19.12.12).

Nelle discariche rifiuti pericolosi?

La tesi sostenuta dagli investigatori e dal PM che hanno condotto l’indagine è che sia stata attribuita la classificazione di rifiuto “non pericoloso” a determinati rifiuti (cui è stato quindi attribuito il codice 19.12.12), senza aver effettuato le dovute analisi chimico-fisiche che ne provassero la non pericolosità. E questi rifiuti dove sono stati conferiti? Da quanto risulta dalle carte del processo proprio nella discarica di Valter Lozza, la MAD SRL. Quindi, secondo quanto risulta dalla sentenza, tutte le preoccupazioni dei due amanti erano relative ad un capo d’imputazione particolarmente delicato e da qui l’impegno della Tosini a cercare di fornire direttive che permettessero all’amato di uscire illeso e innocente dalle annesse questioni.

Numerose sono infatti le comunicazioni inviate ai vari impianti e discariche tra il 2019 ed il 2020 in cui si forniscono indicazioni su come procedere e su quando fare le analisi complete (con costi molto elevati) oppure analisi ridotte…

Ma la cosa preoccupante, che non ha affrontato la sentenza di condanna (perché ovviamente si è dovuta occupare di altro specifico capo di accusa quale quello di corruzione) è quanto l’accordo tra i due amanti attraverso la redazione di atti ad hoc possa aver influito sulle prove relative al processo “maschera” che è ormai in fase di conclusione. Il processo “maschera” è infatti diretto ad accertare se imprenditori del settore dei rifiuti che hanno stipulato accordi e contratti con le pubbliche amministrazioni abbiano agito nel rispetto di quelle che erano le norme vigenti all’epoca dei fatti, oppure se per “risparmiare costi di analisi e di smaltimenti ben più costosi” abbiano inviato in una discarica adibita a ricevere rifiuti non pericolosi, anche rifiuti pericolosi ben più impattanti e questo, qualora effettivamente avvenuto, sarebbe stato a discapito di cittadini ed ambiente.

Per la Pubblica Accusa si è agito contro la legge

E se questi imprenditori avessero effettivamente agito contro legge, come ipotizza la Pubblica Accusa, potrebbero evitare l’accertamento della loro responsabilità per via di una relazione tra i due amanti? Una relazione in cui una delle parti era nella posizione di far emettere atti e documenti che potessero elidere le eventuali responsabilità dell’altra? E nel caso, chi pagherebbe questo ennesimo scempio ambientale? Chi avrebbe il coraggio di dire ai cittadini che 8 anni di indagini e processi sono stati buttati alle ortiche… per una relazione extraconiugale tra due personaggi che, per rispetto di tutti, avrebbero come minimo dovuto darsi del “lei”?

Per carità, sono questioni di opportunità. Al cuore del resto non si comanda, ma purtroppo abbiamo appreso per l’ennesima volta come un vecchio detto di Andreotti sia più attuale che mai: “le leggi si interpretano per gli amici e si applicano per i nemici”. Speriamo che anche questa volta non sia così e che la giustizia (qualunque essa sia) prevalga su ogni eventuale scaltrezza e furbizia.

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