Uap: la Sanità sta arrivando ad un bivio
La Sanità sta arrivando a un bivio che mette i brividi e che, a breve, potrebbe vedere una rivoluzione auspicata in favore dei cittadini ma che, di fatto, rischia di creare una paralisi totale del sistema. Protagonista di questo scenario è il nuovo Nomenclatore, una sorta di libro dei conti dove il Ministero ha elencato i rimborsi in convenzione per le strutture pubbliche e private.
Dopo un anno di tira e molla, ora le carte sono diventate bollate e la palla è passata a uffici legale e tribunali.
Il primo ricorso presentato dall’Uap (l’Unione nazionale ambulatori, poliambulatori, enti e ospedalità privata) al TAR Lazio, dopo un’iniziale sospensiva concessa a fronte della richiesta avanzata dall’80% delle strutture nazionali, la stessa è stata annullata in virtù della rinuncia della sospensiva di 3 multinazionali (Gruppo Cerba Hetath Care, Bioanalisi e Alliance) che hanno chiesto subito l’udienza di merito, che è stata fissata per il prossimo 27 maggio, costringendo le strutture sanitarie a fare appello al Consiglio di Stato. Non è intenzione delle strutture sanitarie promuovere giudizi, ma è la necessità di non subire fallimenti, licenziamenti e danni.
Sicuramente i toni si sono inaspriti perché in un anno i tavoli di confronto sono stati davvero esigui, e l’ultimo si è tenuto il 12 luglio, con tante rassicurazioni per la tutela dei cittadini e della loro salute che non si sono verificate allo stato dei fatti e nulla è cambiato nella riforma sanitaria.
Gli esempi che sono il campanello di allarme per le strutture private ma anche pubbliche sono allarmanti. E a snocciolate i dati, che di fatto sono i rimborsi che le regioni elargiscono per le prestazioni in convenzione (tra l’altro fermi a 20 anni fa), ci pensa proprio l’Uap, che conta 27.000 strutture sul territorio rappresentative di ambulatori, poliambulatori e ospedalità privata accreditata e 350.000 dipendenti: “Basisce che non si tenga conto del fatto che le valutazioni effettuate sulle tariffe non tengono conto delle spese di gestione delle strutture e degli adeguamenti necessari trattandosi di tariffe ferme da oltre 20 anni – si spiega in una nota -. Ciò costringerà molti medici a rifiutare di eseguire prestazioni sotto costo, come ad esempio la visita cardiologica con elettrocardiogramma che secondo le nuove tariffe sarà rimborsata solo € 17,50, con conseguente aggravamento delle liste di attesa, già attualmente completamente in tilt. Si pensi anche al PSA Reflex che da € 17,41 di vent’anni fa è passato a € 3,95 comprendendo 3 esami con la stessa cifra.
In più, occorre considerare che nelle strutture sanitarie l’IVA è un costo, per cui ogni materiale d’uso va considerato a costo finito compresa di iVA.
Insomma, dalla concertazione che il Governo ha sempre messo al primo posto nelle trattative si è arrivati a un muro contro muro che tradotto significa: si va avanti per la nostra strada. A testimoniarlo ci sono anche gli stessi assessorati alla Sanità del centro-sud Italia che, nei vertici Stato-Regioni, hanno trovato atteggiamenti poco inclini al dialogo: C’è chi sussurra che i toni e le parole siano arrivate anche a toccare livelli di “asfaltamento” di chi non accetta le nuove norme. Norme che per centri analisi, cliniche e direzioni sanitarie pubbliche sono irricevibili perché porterebbero a un default dei bilanci.
Se si punta il dito sulla sanità privata si commette un errore – spiegano dall’Uap – visto che l’eventuale applicazione delle nuove tariffe ammazza la sanità e recherà problemi alle regioni in piano di rientro ed un aggravamento alle liste di attesa”. Tradotto: senza convenzioni pubblico-privato salta il banco e a rimetterci ci sono i cittadini e la loro salute. Curarsi potrebbe diventare solo una cosa da ricchi.
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