Cisterna di Latina, “trema” l’impianto dei rifiuti: attivo da 9 anni, ma senza Valutazione Ambientale
A Cisterna di Latina un noto impianto per il trattamento e recupero di rifiuti speciali (pericolosi e non pericolosi) della società S.C. attivo dal 2015 non è mai stata sottoposto alla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA). Parliamo di una procedura di legge obbligatoria dal 2006 che serve a capire se un industria è compatibile o meno con il territorio sul quale è destinata ad operare. L’impianto, nonostante non abbia tutte le carte in regola, riceve e tratta rifiuti da 8 anni sulla base di una autorizzazione (evidentemente carente) rilasciata dalla Regione Lazio con l’A.I.A. n. G08363 del 07 luglio 2015 all’epoca della prima Giunta Zingaretti (2013-2018), dirigente architetto Manuela Manetti. Come se non bastasse questo ‘buco’ autorizzativo, di recente a seguito di un sopralluogo l’Arpa Lazio ha riscontrato anche altre gravi criticità nello stesso impianto. La società S.C. è stata quindi diffidata formalmente dalla Regione Lazio e dovrà mettersi in regola entro metà dicembre.
CISTERNA, TREMA L’IMPIANTO DEI RIFIUTI, MA ANCHE I CITTADINI
Quello appena descritto costituisce un caso che solleva profondi interrogativi sul livello di preparazione dei dirigenti dell’Ufficio Rifiuti della Regione Lazio, ma anche della Provincia di Latina ed, infine, del Comune di Cisterna. Nessuno dei tre Enti pubblici evidentemente, in tutti questi anni, si è mai accorto di nulla. La vicenda è ancora più “inquietante” visto che la società titolare dell’impianto, nel 2016, ha anche chiesto ed ottenuto, sempre dall’Ufficio Rifiuti Lazio, con il controllo incrociato di Provincia di Latina e Comune, una modifica non sostanziale dell’autorizzazione del 2015 a firma del dirigente architetto Demetri Carini. Ma, evidentemente, nessuno ha fatto di nuovo caso al ‘buso’ autorizzativo.
L’UFFICIO RIFIUTI LAZIO È INCAPACE… O C’È ALTRO?
Ma è necessario fare un passo indietro per capire, a fondo, la gravità di questa vicenda e contestualizzarla correttamente. L’Ufficio Rifiuti Lazio, a metà 2014, era stato letteralmente sconquassato dall’arresto di Luca fegatelli e Raniero de Filippis. Due dirigenti apicali considerati – in quel momento, secondo le accuse mosse dalla Procura di Roma – parte integrante del ‘sistema’ guidato da Manlio Cerroni, il re dei rifiuti della Capitale, ma non solo.
Subito dopo l’arresto di Fegatelli e De Filippis vi fu un periodo di interregno all’interno dell’Ufficio Rifiuti Lazio che durò quasi un anno. Un periodo nel corso del quale ad avere in mano lo ‘scettro’ del potere dei rifiuti nel Lazio erano, per l’appunto, l’architetto Manuela Manetti e il collega Demetrio Carini.
Nonostante gli arresti ed il clamore mediatico suscitato dall’avvio del ‘processo Cerroni’ nel maggio 2014, le autorizzazioni venivano rilasciate, evidentemente, da quello stesso Ufficio Rifiuti, ancora con molta ‘superficialità’.
Solo in seguito, alla guida dell’Area Rifiuti regionale, sempre per mano di Nicola Zingaretti, arrivò la ‘famosa’ Flaminia Tosini, poi a sua volta arrestata per presunta corruzione nel 2021 infine condannata a 6 anni di carcere, ma questa è tutt’altra storia.
IL QUADRO NORMATIVO E LE OMISSIONI
Tornando alla vicenda attuale, la S. C., che ha avviato l’impianto nel 2015, ha operato quindi per 9 anni con autorizzazioni rilasciate senza il vaglio preliminare della V.I.A.. Solo nel 2023, dopo il subentro della Giunta regionale guidata dal governatore Francesco Rocca, è emersa la mancanza.
È stato quindi richiesto alla società stessa di avviare il procedimento per la verifica di assoggettabilità a VIA, che è stato racchiuso in un PAUR.
Il caso, certo, solleva una domanda cruciale: com’è possibile che per quasi un decennio un impianto di questa portata abbia operato senza una verifica preliminare dell’impatto ambientale? Speriamo che qualcuno, presto, ci risponda.
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